Una manciata di minuti che precedono i titoli di testa e poi potete anche uscire e impiegare meglio il vostro tempo, se avete avuto la malaugurata idea di andare a vedere questo film.
Film furbetto e peregrino questo di Amelio, fintamente progressista, basato sull'idea (per altro assurda e inconsistente) di un lavoratore stakanovista e stupidamente ottimista che accetta qualsiasi part-time, sostituendosi per poche ore al titolare del posto di lavoro, pur di sbarcare in qualche modo il lunario. Questo facendosi per di più sfruttare da un intermediario che si prende una lauta percentuale, quando addirittura non lo paga. Ma Albanese è contento lo stesso.
Trama che non sta in piedi e d'altra parte non è neanche riuscita come favola metropolitana. L'idea sottesa dal film è che sia meglio arrangiarsi in qualche modo per sopravvivere senza tentare di agire insieme agli altri per cambiare le cose.
La regia dilettantesco-televisiva, fatta per lo più di faccioni in primo piano si accompagna alla recitazione di un Albanese che appare impacciato, bolso e innaturalmente buono, lui che è grande nei ruoli comici di cattivone e naufraga invece quando si cimenta nel drammatico-sentimentale.
Uniche note parzialmente positive Livia Rossi, bravina nella parte della nevrotico-schizoide, ed a tratti la fotografia di di Luca Bigazzi che ci fa intravedere una Milano cupa alla Ghotam city.
Ma è un po' poco.
Non so come sia andato a finire il film, perché sono uscito dopo circa un'ora. Ma non me ne importa.